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Rossella Marchi su Peter…

Assistendo a “La favola di Peter”, nuova produzione di Principio Attivo con SilviOmbre, si accenna un sorriso rassicurato: sarà la poesia a salvare il mondo! E’ la fiducia nel futuro che increspa le labbra perché alimentata da quello che vede sul palco. E’ una favola senza tempo quella alla quale assistiamo. C’è chi, per parlare alle nuove generazioni va alla ricerca di un linguaggio contemporaneo, di un ritmo vivace per non far calare mai l’attenzione, di una modernità di tecniche e chi invece va semplicemente a scavare nel terreno che è appartenuto, appartiene e apparterrà a tutti nei tempi. Ed è proprio la sospensione del tempo che ci ha colpito in questa storia che parla semplicemente dell’atavica dissonanza tra il cuore e la ragione, tra ciò che sentiamo e ciò che sappiamo. In scena Silvio Gioia, che con il suo sguardo senza età ci porta a qualcosa che gli appartiene profondamente: il rapporto tra il sè di corpo e il sé di ombra. Questo rapporto è qualcosa che fa parte di tutti ma quello che colpisce è la consapevolezza profonda che l’attore ha di questa relazione perché sarà il dono prezioso con cui lo spettatore uscirà da teatro: la percezione fisica di avere un’ombra e l’importanza di capirne il significato e darle ascolto. La narrazione parte dalla gestazione, profondamente suggestiva grazie anche al parallelo racconto musicale ad opera di Alessandro Pipino che sarà davvero prezioso e mai invadente per tutta la durata della storia. Fin da bambino il nostro Peter ha una relazione privilegiata con la sua ombra di cui ricerca costantemente la presenza. Ma come succede spesso nella vita di ognuno di noi arriva il momento in cui ci si perde ricorrendo altri sé che si pensa di essere ma che invece sono soltanto riflessi inconsistenti. Ed è così che il nostro Peter venderà la sua ombra al diavolo per avere in cambio ricchezze e agio aiutato da un cattivo consigliere, un Lucignolo dal cervello sproporzionato che si contrapporrà ad un Grillo parlante dal cappello sgargiante. In alcuni tratti la storia ci ricorda infatti quella di Pinocchio: diventare di carne, accettare sé stessi così come si è, con tutte le luci e le ombre oppure rincorrere soltanto la ricchezza e la razionalità come se questa fosse in grado di portarci la felicità? Peter scoprirà che tutte quelle ricchezze non erano in fondo nulla di quello che lui cercava e la stessa comunità attorno a lui percepirà la stranezza di questo uomo senza ombra che ha rinnegato una parte di sè. La relazione pura con sé stesso, l’unione delle sue parti di luce e ombra invece l’avevano sempre portato nella giusta direzione. Ma come fare adesso per ritrovare la sua ombra? Sarà finalmente ascoltando insieme cuore e cervello che Peter elaborerà una strategia: ritrovare il diavolo, aspettare che lo avvolga il sonno e sfilargli la sua ombra da sotto il letto. Finalmente di nuovo insieme Peter e la sua ombra ritroveranno quell’unità che ricuce l’identità del nostro protagonista. Giuseppe Semeraro che firma anche la regia di questo lavoro, si ispira a “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl” di A. von Chamisso per scrivere questa storia necessaria. Ma sono i matrimoni artistici che portano sempre ricchezza ai lavori: in questo caso le ombre di Silvio Gioia e Anusc Castiglioni, hanno portato la narrazione ad un livello di poesia e di sogno che ha costruito il terreno perfetto per far attecchire dentro ogni spettatore una profonda riflessione sull’importanza di rispettarsi nella ricerca della propria identità e della felicità.

Rossella Marchi
eolo-ragazzi.it
maggio 2024